“La lista della spesa è coperta da privacy?”.
Questa è una domanda che faccio spesso in veste di formatore durante i miei corsi sul tema della protezione dei dati personali, poiché la reputo molto indicativa di cosa sia oggi la privacy.
Le risposte prevalenti di solito sono dei sì perplessi. Oggi, sembra pensare chi mi risponde, la privacy ha una grande forza espansiva e magari il GDPR disciplina anche la lista della spesa ma, tutto sommato, questa sembra solo un'esagerazione.
Ovviamente di primo acchito è difficile dar torto a chi lo pensa. Infondo la privacy riguarda gli aspetti più privati della nostra vita; storicamente è sempre stata una forma di protezione verso l'invasione della nostra sfera di vita più intima: aspetti come la salute, le relazioni affettive o sessuali, la posizione economica, ecc. Sembra davvero esagerato ricondurvi la lista della spesa. Che danno posso avere dalla sua divulgazione? Quale lesione della mia sfera privata comporta?
Mi piace allora raccontare questa storia vera, ormai un po' datata, presa dal libro Big Data di V. Mayer-Schönberger e K. Cukier.
Una grande catena di distribuzione americana, la Target, si rende conto che quando in una famiglia nasce un bambino, le esigenze di quella famiglia cambiano e può essere messa in discussione la fedeltà ai marchi: in altre parole rischiano di perdere il cliente. Sarebbe allora importante per loro trovare degli indici per capire in quali famiglie stia per nascere un bambino, al fine di dedicare loro un marketing più specifico.
Per rispondere al quesito entra in gioco la capacità di analisi dei big data: la Target è in grado, grazie alle tessere fedeltà, di associare gli acquisti alle persone, e può contare su dei data set enormi di transazione commerciali. Per prima cosa inizia ad individuare quelle famiglie di clienti in cui è presente un bambino (operazione semplice, basta cercare dei prodotti come pannolini, latte per neonati, ecc.). Fatto questo opera un'analisi a ritroso degli acquisti fatti nei mesi precedenti, per verificare se vi siano prodotti comuni a tutti. Questi prodotti vengono trovati. Ad esempio intorno al terzo mese di gravidanza le donne iniziano ad acquistare prodotti detergenti privi di profumo (in gravidanza aumenta la sensibilità ai profumi). Intorno al sesto mese si cominciano a comprare cibi addizionati di integratori alimentari. Alla fine di quel processo verranno individuati una trentina di prodotti che consentono di elaborare degli algoritmi predittivi circa il giorno di nascita del bambino con una precisione del 98%.
Letta questa storia (vera) la prospettiva inizia a cambiare: la mia lista della spesa non la considero privacy ma lo stato di gravidanza lo è eccome! Peraltro si tratta di un'informazione che potrebbe avere enormi conseguenze su molti aspetti della mia vita privata. Per fare un esempio, ad un colloquio di lavoro non si può richiedere se una candidata sia incinta, ma questa informazione potrebbe essere già in possesso dell'azienda, che ha acquistato dei profili molto particolareggiati da parte di imprese specializzate nell'incrociare dati. Alla luce di questo dato potrebbe decidere di non assumere la candidata.
Ecco allora il nuovo paradigma della privacy. Proteggiamo i dati personali perchè da questi, se combinati con altri ed analizzati, potremmo ottenere informazioni che incidono sulla nostra vita privata.
Può avere poca importanza che i nostri gusti vengano studiati per inserirci in categorie di potenziali acquirenti di un certo prodotto (scarso rilievo per la privacy); il punto è che oggi, grazie ad analisi su big data e impiego di algoritmi predittivi, informazioni che potrebbero sembrare poco rilevanti, se incrociate con altre e con studi statistici, finiscono col dire molto di noi, fornendo delle informazioni inaspettate e molto più significative.
Ho scelto come esempio la lista della spesa ma sono tantissimi i dati personali che ci riguardano e che possono esser raccolti quotidianamente. Dalle pagine web che visitiamo alle foto che postiamo, dalle app per l'allenamento fisico al tracciamento degli spostamenti tramite gps, una marea di dati racconta quello che siamo e facciamo quotidianamente. Il tutto ha una sua funzione primaria ed immediata che può essere poco rilevante (consentirci degli acquisti online, dirci quanto siamo allenati, orientarci su una mappa....) ma anche degli usi successivi che ci possono essere ignoti.
Le profilazioni così realizzate hanno essenzialmente una funzione commerciale ma la ricaduta, come visto precedentemente, può incidere profondamente sulla vita privata (di questo parleremo in un altro post).
Per questo motivo la disciplina in materia di privacy oggi ha questa forza espansiva e copre ambiti che ci appaiono poco rilevanti.
Ovviamente i problemi legati alla protezione dei dati sono molto più ampi; lungi da me voler banalizzare il tema. Ma mi interessava porre l'accento sul fatto che per (iniziare a) capirne la disciplina dobbiamo partire da un punto: in un'epoca di datificazione delle nostre vite tutti i dati sono importanti perchè sommati o confrontati con altri parlano di noi in una maniera ed in una misura che non immagineremmo e che non possiamo controllare.
Ecco perché è importante conoscere, approfondire ed applicare correttamente SEMPRE la disciplina in materia di privacy.
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